La pancia del popolo

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Il terremoto del parmigiano

Duecentomila forme. Duecentomila succosissime e dolcemente salate forme. Duecentomila gigantesche e maturanti forme di Grana e Pamigiano sono andate distrutte durante il terremoto che ha colpito l’Emilia Romagna.

So di essere insensibile di fonte ai drammi dell’umanità sofferente. Ditelo, ditelo pure. Ma al giungere di questa notizia percepisco con chiarezza una di quelle fitte addominali che non hanno nulla a che fare con la peritonite. È una stretta allo stomaco che ho sperimentato soltanto nei momenti peggiori delle mia vita. Come quando per 12 euro ho acquistato 2 kg di anelli di mare fritti al limite della scadenza e ho inciampato sulla soglia di casa rovesciandoli sul parquet appena lucidato. Quando – dopo essermelo ripromesso e averlo giurato sulla mia coscienza –  non sono riuscito a mangiare in un solo giorno un kebab per ogni negozio di via Padova che esponesse il rutilante rotolone di carne. Quando ho dovuto buttare un pezzo da 1,5 kg di splendida e viscida testina di vitello perché non l’avevo bollita abbastanza – la sensazione sotto i denti era simile a quella di un chewingum di medusa viva ripiena di mastice.

Duecentomila forme di Parmigiano e Grana, diligentemente impilate nei locali di stagionatura del mantovano sono cadute a terra da diversi metri di altezza sfracellandosi al suolo e terminando la loro vita. Avevano tra i 12 e i 24 mesi, ma è possibile che alcune di loro fossero più giovani: forme fresche nella primavera della loro esistenza, 180 giorni appena, qualcuna 25 soltanto.

Il danno è enorme. La Coldiretti, che ha effettuato le prime rivelazioni, parla di un 10% dell’intera produzione di Parmigiano Reggiano andato distrutto, e di almeno il 2% della produzione di Grana. Danni che fanno salire ad almeno 200 milioni di euro il conto del terremoto sulle produzioni agroalimentari del mantovano e dell’Emilia Romagna, se si tiene conto anche di crolli e lesioni degli edifici rurali (case, stalle, fienili e serre), danni ai macchinari e perdita degli animali sotto le macerie. Come la tragedia suina che ha colpito Massafinalese. All’interno dell’azienda Veronesi sono morti oltre 100 maiali sotto il crollo di una stalla.

«Non si riesce neppure ad entrare fra le scalere»,piegano i fattori guardando le scansie del parmigiano divelte dalle scosse, «perché c’è il rischio concreto che le forme vengano giù a valanga». Non certo uno scherzo, visto che possono pesare dai 36 ai 38 chilogrammi l’una.

A guardare tanto bendiddio sprecato mi vengono in mente molte cose. La prima è una leggendaria pubblicità del 1990. Un camion diretto chissà dove perde una forma di Grana che comincia a rotolare per una scapata. In velocità rimbalza su di una roccia e sfonda la parete di un ristorante adagiato sul fondovalle. Dove, caso vuole, un cliente ha appena ordinato un «bel pezzo di Grana Padano». Inutile dire che sulla sua tavola piombano 40 chili di formaggioso disco volante e il cameriere si scusa sostenendo: «le nostre porzioni sono sempre molto generose, signore».

Ma mi balzano anche altre idee in testa. Perché non affettare i suini in gustoso prosciutto e gettarlo impunemente sul Parmigiano? Per poi si invitare centinaia di artisti, creativi, foodblogger, chef, archichef, politicanti, giapponesi facoltosi e Vips. Si potrebbero lanciare le prime mangiatoie all you can eat. Stanze dove sigillare gli avventori alla caccia i emozioni forti. Dove unire all’esperienza pantagruelica del cibo senza limite quella della battaglia per accaparrarsi i pezzi migliori.

Non so se i produttori emiliani approverebbero. Loro hanno pensato di fondere tutto il formaggio compromesso, con perdite economiche enormi se si tiene conto che il prezzo medio si attesta sui 15,3 euro al chilo e che le 3,3 milioni di forme prodotte in un anno hanno un peso medio di 40 chili.

Se però tra le scalere si mettessero delle telecamere e si vendessero i diritti a Mediaset, scommetto che le perdite di trasformerebbero in profitti. Dopo La Fattoria, non credo che La Mangiatoia possa destare scalpore all’interno del loro palinsesto.

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4 pensieri su “Il terremoto del parmigiano

  1. Intanto a Modena ci hanno avvisati del fatto che comincia la vendita promozionale del parmigiano danneggiato. Varie associazioni cercano di piazzare tagli ricavati alla svelta nella speranza di diminuire il danno per le aziende. Io mi sono prenotato, tanto non sarebbe la prima volta che gratto via un po di muffa prima di mangiarmi una crosta….

  2. Francesco Davidelli in ha detto:

    Certo è che avrebbero potuto vincolare le scalere le une alle altre e ancorare il tutto alle pareti… si sarebbe evitata questa immane tragedia…

  3. Mah, non so. Se attacchi degli scaffali gli uni agli altri e li fissi al muro, il risultato in caso di onda sismica potrebbe essere……..la distruzione del muro!
    Probabilmente intere strutture, inclusi muri perimetrali, tramezze, sostegni dei tetti, opere di fondazione, arredi ed attrezzature sono del tutto inadatte a regge questi sforzi. Occorrerà ripensare a fondo le nostre scelte costruttive anche in campo industriale.

  4. Antimusa in ha detto:

    La Mangiatoia è una gran pensata! (che ansia…)

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